"è assolutamente evidente che l'arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla TV"
Woody Allen

Il cinema non è un mestiere. È un'arte. Non significa lavoro di gruppo. Si è sempre soli; sul set così come prima la pagina bianca. E per Bergman, essere solo significa porsi delle domande. E fare film significa risponder loro. Niente potrebbe essere più classicamente romantico.
Jean-Luc Godard

Monday, February 25, 2013

Blancanieves


Il regista Pablo Berger è riuscito a realizzare Blancanieves grazie al successo di The Artist di Michel Hazanavicius, che ha rotto i pregiudizi dei produttori verso il ritorno a pellicole mute ed in bianco e nero.
Tuttavia c'è una sostanziale differenza tra i due film, nonostante ambientati entrambi negli anni '20 e girati con la frequenza di ventidue fotogrammi al secondo (per rendere quell'effetto velocizzato tipico dei film vecchi).
Se The Artist era stato in grado di riprodurre fedelmente gli originali film di quell'epoca fin nei minimi particolari, Blancanieves appare carente per certi aspetti, ma interessante per altri, poichè si accosta a questo genere in maniera più liberale: Pablo Berger sceglie di raccontare la favola dei fratelli Grimm attraverso il genere in bianco e nero, come aprendo uno squarcio volontario sull'Andalusia del 1920, adottando i vari elementi che lo contraddistinguono (il muto, la velocizzazione delle sequenze, la mimica degli attori e così via).
Tuttavia non si tratta di un film appartenente alla mentalità di chi faceva e guardava le opere di quegli anni; il regista, semplicemente, ha voluto dare alla vicenda un taglio vintage per accrescerne pathos e drammaticità, in linea con la fiaba e con i film di quel tempo. A questo proposito si può parlare di melò, il genere melodrammatico (ricco di pathos e colpi di scena) a cui si è ispirato Berger per rappresentare la vicenda romanzata di Biancaneve; non a caso Douglas Sirk fu il maggiore esponente del cinema melodrammatico proprio negli anni '20 (e oggi Pedro Almodòvar, spagnolo come Berger, ha reinventato tale genere adottando come protagonisti omosessuali e trans).
Blancanieves contiene inoltre degli elementi moderni che lo rendono più innovativo e originale di The Artist: in alcuni casi sono state abbandonate inquadrature semplici e lineari tipiche degli anni '20 a favore di scelte stilistiche più studiate (come nell'immagine qui sotto)
e riprese spesse volte frenetiche che seguono i ritmi della musica la quale, a sua volta, segue i moti interiori dei personaggi, dal ballo popolare spagnolo, il flamenco ballato dalla piccola Carmen con la nonna, all'ira della matrigna Encarna.
La trama: Carmen vive con la nonna dopo che la madre, una ballerina di flamenco, è morta dandola alla luce e il padre, un famosissimo torero, è rimasto paraplegico a seguito di un incidente e si è risposato con Encarna, che lo tiene prigioniero in casa. Alla morte della nonna, Carmen è costretta a lavorare per la matrigna, finchè un giorno sarà costretta a scappare finendo per unirsi ad un gruppo di toreri nani.
A tratti barocca, a tratti violenta, a tratti comica, la trama si regge sulla poliedricità dei toni su cui sono giocati i personaggi, capaci di guadagnarsi ognuno il proprio posto per rendere la storia ricca di sentimenti contrastanti e all'insegna della diversità: i nani toreri sono delle figure innovative e, allo stesso tempo, portatrici di tradizioni, come quella della corrida, Carmen è una torera donna che, come tutte le altre donne protagoniste, sa mischiare la sensualità della danza ( il flamenco) alla determinazione del toreador. Inoltre vi è l'elemento a sorpresa e molto moderno: una donna che tenta di baciare Carmen per risvegliarla dal suo sonno profondo dopo l'avvelenamento).
Infine vi è una conclusione amara, drammatica, che quasi non lascia intravedere la speranza del cambiamento: Carmen ha avuto una vita difficile e ora è diventata un fenomeno da baraccone, tutti tentano di baciarla per risvegliarla, tutti lo fanno per divertimento e non per amore.
Non esiste il principe azzurro, solo uno dei nani segretamente innamorato che decide di prendersi cura di lei, di renderla bella prima di ogni spettacolo. Una conclusione tragica ed amara, in linea con il cinema spagnolo in generale e di Almodòvar, che spesse volte ci emoziona proprio a causa delle scelte difficili a cui sono portati i protagonisti, senza avere una seconda via di scelta.
Pablo Berger ha saputo creare scenari originali mischiando eroi anticonformisti, e quindi innovativi, allo spirito tipico della Spagna, dettato dalla corrida e dal flamenco, in un clima di nostalgia e tacita tragedia.







Saturday, February 23, 2013







Un borghese piccolo piccolo



Un borghese piccolo piccolo, tratto dal romanzo di Vincenzo Cerami e reso pellicola dal grande regista italiano Mario Monicelli nel 1977, è un ritratto non solo del clima politico-sociale dell'Italia di quegli anni, ma anche di quello attuale che stiamo vivendo.
Mario Monicelli è sempre stato uno dei maggiori esponenti della commedia all'italiana (Amici miei, Il marchese del Grillo, Speriamo che sia femmina, I soliti ignoti, La ragazza con la pistola solo per citarne alcuni); tuttavia in quest'opera abbandona quel modo a lui congeniale di ritrarre i vizi e i difetti degli italiani con amorevole ironia.
In Un borghese piccolo piccolo viene rappresentato in toni drammatici il degrado morale dell'intero sistema italiano in tutte le sue maggiori istituzioni (la Chiesa, la Giustizia, lo Stato).
Giovanni Vivaldi (Alberto Sordi) è un impiegato che lavora in un ufficio pubblico a Roma. Ormai prossimo al pensionamento, dopo più di trent'anni di lavoro sotto la direzione del suo superiore, Giovanni vuole aiutare il figlio Mario, appena diplomatosi in ragioneria, a trovare un posto nel suo stesso ufficio pur non conoscendo nessun personaggio degno di nota che lo possa aiutare nel suo intento. Infatti, come succede in Italia, è molto difficile trovare impiego pubblico senza avere una raccomandazione!
Giovanni chiede così aiuto al suo superiore ricordandogli tutti i servigi svolti per lui. 
Ogni personaggio della storia rappresenta un vizio o un'istituzione che il regista vuole mettere sotto accusa: è colpa delle istituzioni, infatti, se Giovanni è costretto ad umiliarsi e a dovere farsi giustizia da solo.
In questa inusuale interpretazione drammatica di Alberto Sordi, abituato di solito a ruoli comici, è incarnato il piccolo cittadino onesto, nè povero, nè ricco, borghese, cattolico, dai sani principi, estraneo alla corruzione e con quasi nessuna conoscenza altolocata. Egli deve combattere da solo contro la società, deve guadagnarsi un posto in essa facendo proprie delle regole scorrette che, tuttavia, gli vengono imposte da chi è più potente ed importante di lui. Emblematica, a questo proposito, è la scena in cui Giovanni, prima di andare a fare il giuramento per diventare massone, chiede alla Madonna di perdonarlo, perchè si tratta di una necessità. La Massoneria diventa l'unica possibilità per entrare nel giusto giro di conoscenze e di aiuti reciproci: il regista presenta questa realtà con pura ironia, ridicolizzandone gli assurdi riti di iniziazione e le persone che ne fanno parte.
Mario Vivaldi rappresenta il giovane sprovveduto e inesperto del mondo, non particolarmente brillante, ma volenteroso. Senza l'aiuto dei genitori non riuscirebbe mai ad approdare nel mondo del lavoro, dominato esclusivamente da persone potenti e con tanta esperienza alle spalle.  
Il resto dei personaggi è ognuno l'emblema di uno dei vari aspetti della corruttibilità della società: il dottor Spaziani, superiore di Giovanni, è un massone che guarda agli interessi personali e che aiuta il protagonista non in virtù della sua fedeltà e del suo impegno a lavoro, ma solo perchè è entrato a far parte anch'egli della cerchia massonica.
I colleghi di Giovanni, rinchiusi nel loro ufficio, circondati da  così tante scartoffie che i loro volti non vengono nemmeno inquadrati, non rappresentano che l'ipocrisia di una società che vuole mostrare fratellanza e condivisione in apparenza, quando, in realtà, ognuno pensa solo al proprio guadagno. Infatti quando nelle ultime scene Giovanni, ormai pensionato, dà l'ultimo saluto a tutti i suoi colleghi con un discorso sull'affiatamento di gruppo (di cui nemmeno lui è convinto, ma che pronuncia per convenzione), nessuno gli presta attenzione.
Quando sembra che tutti gli sforzi di Giovanni vengano ripagati, Mario muore in una sparatoria e sua madre, per la sofferenza, rimane paralizzata. I problemi non finiscono perchè al cimitero non c'è posto per la bara del figlio e, questa volta, nemmeno il fatto di essere massone può aiutare Giovanni a garantire degna sepoltura.
In più la giustizia tarda ad arrestare il colpevole: ogni tanto vengono fatte delle sbrigative indagini con l'aiuto dei testimoni, finchè un giorno Giovanni vede il colpevole e decide di farsi giustizia da sè. 
Lo stordisce e lo porta in una casa isolata tenendolo prigioniero, finchè non morirà di stenti.
Anche la moglie, dopo poco, morirà lasciando il marito solo in pensione. L'occasione del funerale è un pretesto del regista di scagliarsi contro la Chiesa e la sua arretratezza, le sue prediche così distanti dalla quotidianità dei fedeli, la sua convinzione che ciò che è umano sia qualcosa di malvagio.
Il personaggio di Alberto Sordi ben presto si adatterà alle leggi ferine su cui si basa la società ed imparerà ad agire di conseguenza, prendendo l'iniziativa di farsi giustizia da sè, come dimostra l'ultima scena del film: un uomo, passando per caso, lo insulta e Giovanni è deciso a farsi rispettare come quando ha vendicato la morte del figlio.
Ogni battuta pronunciata dai personaggi, ogni inquadratura, ogni movimento di camera è finalizzato a rappresentare con estremo realismo la condizione degli italiani: uno Stato assente, che schiaccia i suoi cittadini onesti a favore della propria ricchezza, che non prevede nessuna sanzione penale per i delinquenti, che non aiuta le famiglie.
Il regista ha saputo rappresentare magistralmente le vicissitudini di un borghese piccolo piccolo di fronte al resto del mondo, solo, abbandonato a se stesso e che, nonostante tutto, deve sopravvivere alla giungla cittadina. Non c'è verità, ma solo ipocrisia e falso buonismo. Mario Monicelli riesce a rendere questo insieme di contrasti e contraddizioni tra onestà privata e falsità pubblica attraverso un climax ascendente che parte dall' ironia (per beffeggiare), per poi mutare in serietà (per riflettere) e drammaticità (per indicare come non ci sia più redenzione dal degrado raggiunto). Questi tre fattori, quindi, si alternano con estrema naturalezza attraverso le varie vicissitudini che Giovanni deve affrontare e si riflettono nel suo modo di agire e pensare: dapprima fiducioso e un po' ingenuo, poi rancoroso e vendicativo.
Lodevole.



Thursday, February 14, 2013

Beasts of the Southern Wild
(Re della terra selvaggia)


Già vincitore della Caméra d'or al Festival di Cannes 2012 e Gran premio della giuria al Sundance Film Festival 2012, ora il film di Benh Zeitlin è candidato a quattro Premi Oscar.
Re della terra selvaggia è tratto da un'opera teatrale di Lucy Alibar che, insieme al regista, ha partecipato alla stesura della sceneggiatura. 
Il pregio di questo film, realizzato in più di tre anni e girato in Louisiana con l'aiuto della popolazione locale, è l'estrema attinenza al punto di vista della protagonista di sei anni Hushpuppy che vive col padre nella "grande vasca", frequente a continue inondazioni, in una comunità bayou.
Il testo teatrale autobiografico di Lucy Alibar, Juicy and Delicious, trattava di un ragazzino e del suo rapporto con il padre malato, ma anche del rapporto con la natura che è sottoposta sempre più alla distruzione man mano che la malattia del padre si aggrava. 
Questo complesso rapporto triadico è stato mantenuto anche nel film in modo semplice ed efficace proprio perchè la macchina da presa non impersona altro se non gli occhi della piccola protagonista che osserva il mondo cogliendo le piccole cose che gli adulti non potranno mai vedere e che non capiranno mai. Hushpuppy infatti ascolta il battito del cuore di ogni essere vivente cogliendo quella verità che gli adulti hanno perso col passare del tempo. 
Il regista ci tiene a specificare che il disastro naturale provocato dalle forti piogge torrenziali e la vita della piccola comunità relegata in un mondo al confine tra terra e acqua in palafitte dalle condizioni precarie assumono un tono apocalittico proprio perchè è così che appaiono agli occhi della protagonista; il disastro naturale comincia quando la piccola Hushpuppy dà un pugno sul petto di suo padre, lui cade a terra e nello stesso momento in paese tutti scappano per l'arrivo dell'uragano. 
La bambina crede di avere "rotto qualcosa" nel momento in cui si è ribellata all'autorità paterna, crede di avere rotto l'equilibrio dell'intero universo di cui tutti noi siamo un granellino fondamentale e perciò pensa di avere scatenato il disastro naturale.
Ecco che in questo momento il pubblico capisce di essere immerso nella personale visione del mondo di una bambina di sei anni che non vive in una fiaba ambientalista fantastica (come molti l'hanno definita), ma rielabora in modo del tutto personale i cambiamenti che stanno per sconvolgere la sua vita: la distruzione della casa, la morte del padre e la sua trasformazione in re della terra selvaggia (la grande vasca).
Per riprodurre questo particolare sguardo infantile sulla vita il regista ha saputo dare toni apocalittici all'intera vicenda aggiungendo il risveglio degli Aurochs, animali scaturiti dall'immaginazione di Hushpuppy suggestionata dai racconti della maestra sui vecchi animali preistorici mangiatori di uomini e dai continui sproni del padre a diventare forte per poter sopravvivere nella natura selvaggia. 
Per Hushpuppy sopravvivere vuol dire affrontare gli Aurochs, la massima personificazione della brutalità della natura nei confronti dell'uomo; nelle ultime scene mentre le altre sue compagne, inseguite da questi animali, scapperanno, la nostra protagonista riuscirà ad affrontarli con la sola determinazione nel suo sguardo. In questo modo capirà di essere pronta per accettare la morte del padre e per ristabilire l'ordine dell'universo compiendo il suo dovere di re della sua terra.
Per fare gli Aurochs sono serviti soltanto maiali travestiti!
Inoltre il regista fa notare il legame che intercorre tragli Aurochs e Hushpuppy e la sua comunità: entrambi sono dominatori della loro terra ed entrambi hanno dovuto affrontare la loro estinzione, ecco perchè vi sono molte scene parallele tra l'avanzata degli antichi animali distruttori e l'aggravarsi della malattia del padre o tra l'avanzata degli animali e la crescente determinazione della protagonista. 
Zeitlin precisa che il tema portante dell'intero film è l'esperienza di una bambina di sei anni che vive e pensa con lucidità e con estremo realismo nel suo amato mondo, senza fantasie, ma cogliendo l'aspetto più primitivo e rude della realtà: "Non si tratta di magia, ma di tutti quegli aspetti che sono veri e reali per lei".
In linea con il punto di vista infantile, vero motore della pellicola, è il fatto che noi non conosciamo il tempo in cui si svolge la vicenda, non sappiamo nulla della diga e del perchè questa comunità sia isolata e schienata dal resto della civiltà: siamo immersi nella vicenda proprio come lo è Hushpuppy che vive il presente e basta, senza sapere il perchè dell'acqua salata che fa morire tutta la vegetazione, ma osservando la morte in sè senza alcuna spiegazione. Forse è proprio per questo che percepiamo molto precaria la vita di questa piccola comunità, senza futuro nè passato, che vive e si adatta in base ai capricci del presente.
Non si tratta di favola ambientalista, si tratta di lotta alla sopravvivenza come risposta ai tanti cambiamenti che sconvolgono il mondo che ha generato Hushpuppy: è una storia di formazione di una bambina, è la storia di persone che, come belve (Beasts of the Southern Wild, Aurochs), combattono con determinazione per la loro terra Madre e contro la loro terra Madre.

Sunday, February 3, 2013

Hitchcock


Sacha Gervasi ha realizzato un film sul making of Psycho basato sul saggio Come Hitchcock ha realizzato Psycho. Il cast stellare ha visto la partecipazione di Anthony Hopkins in una buona interpretazione del genio della suspense, Hellen Mirren nelle vesti della moglie di Hitchcock, Alma, Scarlett Johansson nei panni di Janet Leigh, la protagonista di Psycho, Jessica Biel in quelli di Vera Miles e James D'Arcy nell'interpretazione di Anthony Perkins.
Il film è incentrato sull'intreccio tra la vita privata di Hitchcock e l'impresa, peraltro molto ostacolata e non sempre facile, di riscattare la sua fama scegliendo di occuparsi di un soggetto a dir poco scabroso per il suo nuovo film, perchè fatto di cronaca nera.
Con Hitchcock non si può fare riferimento ad una grande pellicola; di certo è ben lontana da qualunque pretesa stilistica o contenutistica (anche se si mette in scena la lavorazione di un film in un film, siamo ben lontani dal fare un paragone con Hollywood Ending di Woody Allen, anch'esso avente come soggetto il lavoro di un regista sul set mischiato alle sue vicissitudini personali). 
L'intero film fa affidamento totale sul ricalcare la somiglianza tra i nuovi interpreti e i personaggi protagonisti: in effetti Anthony Hopkins centra in pieno il suo personaggio senza osare troppo, riuscendo ad unire ironia a genio creativo, preoccupazione per la carriera a desiderio di ritornare alla ribalta. Inoltre è stata apprezzabile la scelta di un inizio e di una chiusa originali "hitchcockiani" del film, in cui vengono ricalcati i modi di fare e il linguaggio lento e cadenzato tipico del grande regista, dal suo "Good evening" alla spiegazione dei suoi progetti. 
D'effetto anche la proiezione dell'enigmatica ombra di Hitchcock vicino al camerino di Janet Leigh e l'ossessione per la figura femminile o per la condizione dell'essere umano (rappresentato nel film, in modo poco appropriato, da un piccolo monologo di Hitchcock mentre supervisiona un scena di Janet che guida l'auto).
Degne di nota anche l'interpretazione di Scarlett Johansson nella celeberrima scena della doccia e di James D'Arcy nei panni di un Anthony Perkins che, tuttavia, sembrava piuttosto già recitare le insicurezze di Norman Bates e non tanto il vero e proprio attore Anthony Perkins.
Non è stato molto pregnante il parallelo tra i deliri creativi del regista (che immaginava di dialogare con l'assassino Ed Gein) e la gelosia nutrita nei confronti di sua moglie Alma, sofferente per essere stata messa in ombra dalla fama del merito nonostante all'inizio lei ne fosse stata il capo, e desiderosa di evadere da un matrimonio difficile aiutando un vecchio amico a scrivere una sceneggiatura. 







Hitchcock non sarà perfetto nel suo complesso, ma ci regala dei retroscena interessanti, ci guida nei suoi set ideali, ci fa credere di essere stati presenti alla lavorazione di ciò che rinnovò il cinema degli anni '60: ci fa venire voglia di riguardare Psycho all'infinito!





Saturday, February 2, 2013

Les Misérables


Già vincitore di tre Golden Globe e in gioco con otto nomination agli Oscar 2013, Les Misérables è la trasposizione cinematografica del musical, che venne messo in scena a Broadway nell'85, tratto dall'omonimo romanzo di Victor Hugo. 
Tom Hooper gli ha ridato vita sul set cinematografico con un folto cast di attori quali Russell Crowe, Hugh Jackman, Amanda Seyfried, Anne Hathaway, Helena Bonham Carter e tanti altri.
Detto che il musical cinematografico è un genere un po' delicato da trattare in quanto molte volte scadente nel banale o nel noioso se l'attenzione del regista è rivolta alle sole musiche da far cantare, Les Misèrables sembra riuscire ad evitare ogni sorta di inutile pastura e a concentrarsi sui personaggi e sui loro drammi per poi riunirli nello stesso contesto sociale e sotto la stessa condizione umana.
Si parte infatti dalla vita di Jean Valjean, un carcerato costretto come i suoi pari ai lavori forzati, e alla sua colonna sonora di riferimento, Look Down, che si fa simbolo della condizione di Jean e che ritornerà nel corso della vicenda come a memoria di ciò che fu un tempo.
Il primo personaggio ad unirsi al protagonista è l'ufficiale Javert, acerrimo nemico di Jean, che nel corso della vicenda sarà afflitto da un insopportabile dubbio: salvare il suo onore o riconoscere l'onestà di Jean.
Il secondo personaggio è Fantine, il cui dramma è forse quello più vicino alla lettura che Victor Hugo voleva dare del popolo francese dell'800, sfruttato, incapace di ribellarsi, miserabile. Fantine diventa l'icona dell'ingiustizia terrena, è la spiegazione per cui i giovani decidono di ribellarsi al potere. I dreamed a dream è l'emblema della sofferenza del popolo impersonata dalla voce rotta di Fantine.
Questi tre personaggi fungono da fondamenta per l'intero film, perchè sono tre generi di vite diverse accomunate da uno stesso destino e dalla stessa miseria, chi nell'animo e chi nella condizione sociale. Sono tre aspetti diversi di miseria: la legge terrena che non accetta compromessi e che non conosce la legge del cuore (Javert), la legge del cuore e del riscatto sociale (Jean Valjean) e l'amore per la vita e la sofferenza dei più deboli (Fantine).
Da questo punto in poi i personaggi cominceranno ad unirsi, Jean si prenderà cura della figlia di Fantine, Cosette, e parteciperà alla ribellione dei giovani francesi, e nel contempo si formerà il triangolo amoroso tra Cosette, Marius e Eponine.
Non si tratta solo di un intreccio di storie perchè la musica assume un ruolo importantissimo, infatti non è solo un mezzo con cui i personaggi prendono le loro decisioni, si raccontano, svelano i loro dissidi interiori, ma è un mezzo di condivisione della sofferenza e dell'amore, della vita e della morte: è proprio il canto di ogni protagonista che rende tutti gli uomini della vicenda, popolo compreso, uniti sotto un'unica condizione che non bada a distinzioni sociali. 
La condizione di miserabile è una condizione del cuore e solo pochi riusciranno ad elevarsi da questo nefasto destino, sia che sia in vita sia che sia nel regno dei cieli: infatti la scena finale vede presenti tutte le anime dei giovani che hanno partecipato alla rivoluzione uniti sotto un'unica
bandiera, fiduciosi nel domani, cantando la stessa canzone che li ha uniti nella guerra terrena e sulle cui note ha cantato il resto del popolo che non aveva avuto il coraggio di credere nel domani e che l'indomani si era chiesto che fine avevano fatto tutti quei giovani partecipanti alla rivoluzione.
La musica unisce il triangolo amoroso quando i tre giovani cantano sulle stesse note della colonna sonora conferendo ciascuno, tuttavia, un significato diverso alle parole della medesima canzone in base alla propria condizione. 









I dialoghi sono tutti cantati e non perfetti, salvo l'eccezione degli attori che hanno già partecipato a musical come Amanda Seyfried e Samantha Barks: ma l'imperfezione nei loro canti e nelle loro voci contribuisce a dare veridicità al contesto sociale e politico in cui sono inseriti, un contesto in cui le voci sono tremanti, adirate, speranzose, vittoriose e per questo giustamente imperfette a causa di tutti quei moti d'animo che trascinano i personaggi nella vicenda. 
Si discosta dalla drammaticità della situazione il duo dei baristi Thénardier, la cui caricatura approfondisce il contesto sociale e la condizione miserabile del popolo francese,i quali sono portatori di una grande verità: "Per quanto siate ricchi ci rivedremo all'inferno!" esclamano quando vengono buttati fuori dai maggiordomi.

Forse proprio la potenza delle interpretazioni musicali, così imperfette e veritiere, fa di questo musical un dramma sociale che lascia spazio ai singoli protagonisti e alla loro unione in nome dell'amore ("amare un'altra persona è come vedere il volto di Dio" dice l'anima Fantine a quella di Jean); un dramma che piano piano diventa corale partendo dall'analisi dei singoli personaggi fino ad arrivare alla scena finale, rappresentante l'apice della coralità di un popolo che trova giustizia e unità solo nell'aldilà e che non avrà mai giustizia terrena (di conseguenza il regista non trascura le intenzioni di Victor Hugo di dare un taglio pessimistico e realistico della Francia dell'800).